Forza lavoro by Maurizio Landini

Forza lavoro by Maurizio Landini

autore:Maurizio Landini [Landini Maurizio]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2014-11-02T16:00:00+00:00


Lavoro e salute, un solo diritto

Taranto, 2 agosto 2012, un'altra piazza. Esplosiva, piena di contraddizioni, rabbiosa: da troppo tempo i problemi vengono nascosti o rimossi nel nome del profitto e di un sistema di potere indifferente ai vincoli umani e ambientali. Una piazza e una città che sembrano una pentola a pressione arrivata alla temperatura limite. Una piazza e una città simbolo di un modello di sviluppo senza regole, che pretende di non avere limiti e che permette che due beni essenziali come lavoro e salute vengano messi l’uno contro l’altro. C'è il rischio che accada sempre più spesso, in un mercato talmente incontrollato da poter ridurre a grado zero la libertà di lavoratori gettati in una competizione povera e, alla fine, distruttiva.

Per anni l'Uva è stata dimenticata, sembrava non esistere per chi non era tarantino, nascosta dalle montagne del parco minerario, dal fumo e dall'alto muro di recinzione. Lo stabilimento è rimasto "invisibile”, nonostante i suoi quindici milioni di metri quadrati, a ridosso della città, nel quartiere di Tamburi, nonostante sia arrivato a occupare 43.000 persone tra diretti e indotto, nonostante i morti sul lavoro e fuori: chi non voleva vederlo sceglieva di celarlo a sé e agli altri solo per convenienza.

La prima colata è del 1966, cittadini e operai lo sanno benissimo, a differenza di chi finge di non sapere da dove arriva l’acciaio che sostiene ancora oggi un intero comparto deH’industria nazionale: l’Uva produce il 65% dell’acciaio italiano, lo stabilimento di Taranto, da solo, è al 30% e a più del 50% per i laminati piani. L’Ilva è la base di fortune imprenditoriali, politiche e sindacali che tuttora si vorrebbero nascondere.

Ma nella primavera del 2012 la magistratura di Taranto “illumina” con i riflettori del codice penale la linea d’ombra di quella città, ciò che i suoi lavoratori e i cittadini conoscono ma non riescono a pronunciare, quello che le autorità locali sanno ma non vogliono o non possono dire: la polvere e gli scarichi che avvelenano la terra e il mare si annidano nell’aria e nel cibo, entrano nei polmoni e negli stomaci, per poi riemergere, quando è troppo tardi, nelle radiografie che sanciscono malattie mortali. La produzione non ufficiale dell’Uva.

I giudici emettono dei provvedimenti molto duri contro la famiglia Riva e la direzione dello stabilimento per il livello d’inquinamento che la loro grande acciaieria provoca dentro e fuori la fabbrica. Vi si afferma che l’Ilva non può più continuare in quel modo: o risana o chiude. Per anni nessuno aveva avuto il coraggio e la forza di rivelare quella verità, di pronunciare le parole adeguate a descrivere una situazione da tempo intollerabile, determinata non solo dall’Uva ma da tutto il sistema industriale di Taranto, dall’Arsenale, dalle aziende dell’Eni. Rimozioni, connivenze e paure talmente radicate che a marzo, di fronte alle azioni della magistratura, migliaia di dipendenti dell’Ilva, praticamente tutti, partecipano a una manifestazione contro i giudici: organizzati e sponsorizzati dall’azienda, abbandonano il proprio posto di lavoro e con la giornata ugualmente pagata e i pullman messi



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